Glossario Quantistico
Le parole chiave per scoprire i segreti del Quantum Computing.
Un algoritmo è un procedimento, costituito da un insieme di istruzioni che ci consentono di risolvere un determinato problema (ad esempio calcolare la radice quadrata di un numero). Un algoritmo quantistico è esattamente la stessa cosa, ma le istruzioni consentono anche di creare la sovrapposizione degli stati quantistici e l’entanglement. Questo dà agli algoritmi quantistici la possibilità di eseguire alcuni compiti in un modo molto più efficiente di quanto non si faccia con gli algoritmi classici.
Il computer quantistico a superconduttori (superconducting quantum computer) è una delle possibili implementazioni di un computer quantistico, realizzata con circuiti elettronici superconduttivi. La ricerca nell’ambito dei computer quantistici a superconduttori viene portata avanti da IBM, Google, Rigetti Computing, Microsoft e Intel. I dispositivi sono progettati per lavorare nello spettro delle radiofrequenze (microonde), raffreddati mediante speciali refrigeratori a diluizione sotto i 100 mK e controllati con strumenti elettronici convenzionali (sintetizzatori di frequenze e analizzatori di spettro). Le scale coinvolte (dell’ordine dei micrometri) consentono la progettazione utilizzando le ben note tecniche utilizzate nei comuni circuiti integrati.
I criteri di DiVincenzo sono una lista di requisiti necessari per la costruzione di un computer quantistico. La lista è stata proposta dal fisico teorico David P. DiVincenzo nella sua ricerca, pubblicata nel 2000, intitolata “The Physical Implementation of Quantum Computation”. I criteri di DiVincenzo sono costituiti da 5+2 condizioni che un’installazione sperimentale deve soddisfare per poter implementare con successo un algoritmo quantistico, come ad esempio l’algoritmo di ricerca di Grover, o la fattorizzazione di Shor. Le due condizioni aggiuntive sono necessarie per implementare la comunicazione quantistica, come quella utilizzata per la distribuzione della chiave quantistica (QKD).
1 – Scalabilità e qubit ben definiti
2 – Possibilità di inizializzare lo stato dei qubit
3 – Un tempo di coerenza alto
4 – Un insieme universale di porte quantistiche
5 – Possibilità di leggere selettivamente i qubit
6 – Possibilità di convertire qubit stazionari in qubit mobili
7 – Possibilità di trasmettere qubit mobili tra punti specifici
L’effetto tunnel è un effetto quanto-meccanico in cui le particelle hanno una probabilità finita di attraversare una barriera energetica, o di eseguire una transizione ad un stato energetico normalmente proibito dalle leggi della fisica classica. L’effetto è dovuto al comportamentamento ondulatorio delle particelle. L’onda di probabilità di una particella rappresenta la probabilità di trovare la particella in una certa posizione, e c’è una una probabilità finita di trovare la particella dall’altro lato della barriera energetica.
Possiamo considerare l’entanglement quantistico come una connessione speciale tra due qubits. Esistono molti modi per generare il fenomeno dell’entanglement. Un modo possibile è quello di prendere due qubits, avvicinarli, eseguire un processo che li vincoli in un modo speciale ed allontanarli nuovamente. Come esempio concreto possiamo considerare due fotoni emessi da uno stesso atomo quando un suo elettrone discende di due livelli energetici; i fotoni risultanti sono entangled. Quando due qubits sono entangled, anche se vengono allontanati arbitrariamente, resteranno sempre entangled. Il fenomeno dell’entanglement si manifesta chiaramente osservando il risultato della misurazione dei due qubit: la misurazione dei qubit restituirà sempre il valore 0 o il valore 1, in modo totalmente casuale. Ma, indipendentemente dalla loro distanza, quando si misura uno dei due qubit, immediatamente anche l’altro, se misurato, restituirà il medesimo risultato. L’entanglement possiede due proprietà speciali, che sono alla base delle applicazioni pratiche che ne derivano. La prima proprietà consiste nel fatto che l’entanglement non può essere condiviso. Se due qubits sono completamente entangled, nessun altro nell’universo può condividere questo stato speciale. Questa proprietà viene chiamata monogamia dell’entanglement. La seconda proprietà dell’entanglement, che lo rende cosí potente, è chiamata massima coordinazione (maximal coordination). Questa proprietà si manifesta durante la misurazione dei qubits. Se due qubits che sono entangled vengono misurati nella stessa base, non importa quanto siano distanti tra loro, essi restituiranno sempre lo stesso risultato. Questo risultato non è prestabilito, è totalmente casuale, e si concretizza solo al momento della misurazione
Le particelle elementari che costituiscono la materia (i “fermioni”) sono descritte da un’equazione formulata nel 1928 da Paul Dirac, che si chiama appunto equazione di Dirac. Essa prevede che a ogni particella sia associata una relativa antiparticella. Una antiparticella ha le stesse caratteristiche della particella associata tranne la carica, che è opposta; inoltre, se una particella e una relativa antiparticella entrano in contatto, si disintegrano a vicenda liberando energia. Qualche anno dopo, nel 1932, fu scoperta la prima antiparticella: il positrone, associato all’elettrone.L’elettrone e le altre particelle di materia hanno antiparticelle distinte e acquisiscono massa tramite il meccanismo di Higgs: in gergo si parla di “fermioni di Dirac”.
Ed è a questo punto che entra in gioco il fisico italiano Ettore Majorana, che nel 1937 produsse un’equazione simile a quella di Dirac ma più generale (l’equazione di Majorana), che prevede l’esistenza di fermioni neutri (cioè senza carica elettrica) che coincidono con la propria antiparticella.
I “fermioni di Majorana” – così sono stati ribattezzati – sono particelle esotiche perché acquisiscono la loro massa interagendo non con il campo di Higgs ma con se stessi, in quanto sono le loro stesse antiparticelle. Questa interazione può avvenire senza alcuna annichilazione: anzi, i fermioni di Majorana sono molto stabili e interagiscono molto poco con la materia “ordinaria”.
Per uno specifico problema, con questo termine intendiamo il raggiungimento del miglioramento del tempo di esecuzione da parte di un computer quantistico rispetto ad un computer convenzionale che esegue l’algoritmo classico più noto.
Con questo termine intendiamo il raggiungimento di un punto in cui, un calcolo eseguito su un computer quantistico, non può essere eseguito su nessun computer convenzionale attuale o futuro. Il numero di operazioni richieste alla CPU (e la memoria necessaria) aumentano in modo esponenziale con l’aumentare della dimensione dell’input. Ciò significa che, tranne i casi più semplici, la computazione diventa infattibile su una macchina reale utilizzando solo l’hardware digitale convenzionale.
Un bit classico può trovarsi in uno dei due stati possibili: può essere 0 oppure 1. Un quantum bit, o qubit, può invece trovarsi in uno stato speciale, in cui può essere 0 ed 1 allo stesso tempo: questa particolare situazione è chiamata sovrapposizione degli stati (quantistici). I qubits posseggono un insieme di proprietà peculiari: ad esempio, non è possibile eseguire la copia di un qubit; questa proprietà viene utilmente sfruttata nell’ambito della crittografia quantistica, ma, dall’altro lato rende impossibile utilizzare le tecniche di correzione degli errori che sfruttano la copia.
In meccanica quantistica, la sfera di Bloch (dal nome del fisico Felix Bloch), è la rappresentazione geometrica dello spazio degli stati puri di un sistema quanto-meccanico a due livelli, il qubit. In altre parole, essa rappresenta gli stati “puri” di un registro quantistico a un qubit. La sfera di Bloch è geometricamente una sfera di raggio unitario i cui punti sulla superficie sono in corrispondenza biunivoca con gli stati “puri” del qubit. Possiamo dare la seguente interpretazione della sfera di Bloch: i poli rappresentano i bit classici, |0⟩ e |1⟩. Questi sono gli unici stati possibili per i bit classici, mentre i qubits coprono l’intera sfera. I qubits contengono molta più informazione dei bit classici, e la sfera di Bloch ce lo mostra graficamente. Quando un qubit viene misurato, collassa in uno degli stati ‘classici’ ai due poli. In quale polo collasserà dipende dalla direzione del vettore che rappresenta lo stato quantistico |ψ⟩. Se la freccia è più vicina al polo nord, c’è una probabilità maggiore che collassi su quel polo. Questo introduce la nozione di probabilità nella sfera di Bloch: l’angolo θ formato dal vettore con gli assi verticali corrisponde a quella probabilità. Se la freccia punta esattamente all’equatore, c’è la probabilità del 50% che collassi in uno dei due poli.
La sovrapposizione degli stati è un principio fondamentale della meccanica quantistica. Possiamo affermare che, come nel caso delle onde nella fisica classica, gli stati quantistici possono essere sommati, cioè sovrapposti, ottenendo un nuovo stato quantistico valido. Al contrario, possiamo dire che ogni stato quantistico può essere considerato come una combinazione lineare (una somma) di altri stati quantistici distinti.
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